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Ho sovrapposto all’edificio attuale immagini precedenti e circostanti al sito della casa precedente, in modo che la fotografia agisca come un detonatore della memoria, capace di riattivare l’interesse dei contemporanei per il passato di quel luogo.


Con il tempo, anche questa fotografia si deteriora lasciando il posto alla nuova identità che l’edificio presenterà. Le fotografie bidimensionali del passato di quel luogo si combinano con l’architettura per formare l’attuale tridimensionalità, e l’installazione propone un nuovo modo di interpretare la storia di questo quartiere e di questa famiglia. Il tempo è sempre il protagonista dell’opera e scandisce il ritmo della sua evoluzione.

La storia legata alla cultura cinese dei fantasmi e degli spiriti presenta una narrazione caratterizzata da ricchi sviluppi, all’interno dei quali gli antichi credevano veramente che lo “stato extracorporeo” fosse un’opportunità per comprendere il mondo ed avvicinarsi al divino.Il Tao Te Ching sostiene solo nel momento in cui l’anima è esterna dal corpo è possibile osservare l’evoluzione in cielo ed in terra. Tale stato di fuoriuscita avviene quando il nostro corpo è indebolito come se fosse un modo, nella vita moderna, per rilassare sia il corpo che la mente, come per esempio attraverso la meditazione dell’attività della yoga oppure nel sufismo dell’Islam (meditazione dinamica della “danza vorticosa”. , vortice). “‘Exodus”, a causa delle pressioni della società a noi contemporanea, ha lo scopo di offrire un’opportunità per sfuggire dalla frenesia.

Ho scelto di stampare sopra ad un pezzo di un tessuto una figura che assumerà la forma di una silhouette umana, interpretando in tal modo il vagare spontaneamente dell’anima. L’immagine viene compressa sopra ad una superficie piatta, lasciandola danzare nel vento nei luoghi naturali, come per esempio: scogliere, rive dei fiumi, campi e boschi. Con l’elaborazione ho pensato di fare in modo che le persone abbiano la possibilità di lasciare alle spalle il loro corpo fisico per avere un momento in cui possano respirare.

Quando creiamo un’opera dobbiamo prima fare innumerevoli bozze e quelle che vengono scelte, vengono raffinate, perfezionate e alla fine diventano parte dell’opera stessa.Quando guardo le bozze abbandonate in un angolo del mio studio, comincio a chiedermi se le bozze stesse abbiano più potenziale dell’opera finita.Le parti frammentarie, nel loro stato inutilizzato, danno l’impressione di essere state abbandonate e di non essere più rilevanti per le opere d’arte che ormai hanno scelto il loro personale linguaggio di comunicazione.

Così ho voluto usare la fotografia come mezzo per dare una nuova vita alla bozza.Far rivivere dunque qualcosa considerato ormai inutile, definito così nella nostra coscienza soggettiva, e dargli un nuovo scopo come parte rappresentante dell’opera, non più solo diario per l’idea artistica ma esso stesso componente principale dell’opera.Personalmente, amo le strutture narrative multistrato; quindi, dopo aver raccolto le bozze dei miei lavori precedenti, ho scelto di aggiungere consistenza a queste bozze ricostruendole e cercando di rendere la carta fotografica parte della narrazione mediatica.

Zhizha è un modello che viene realizzato in carta lo scopo di simulare un oggetto reale e spesso viene utilizzato come omaggio per una persona deceduta. Nella cultura della tradizione cinese gli oggetti dell’arte Zhizha vengono bruciati come simbolo del superamento del confine che vi è tra la vita e la morte, ovvero, star vicino ad una persona deceduta..Secondo i pensieri antichi cinesi, l’anima del defunto può continuare a vivere per sempre quando riceve ciò che desiderava in vita, inviando le condoglianze e portando la pace nelle persone vive. Zhizha è una simulazione di un immagine reale, difatti, se si bruciasse una fotografia di Zhizha invece di bruciare la stessa, si avrebbe allo stesso modo un uguale significato? Le immagini che vengono accese danno vita ad un altro “mondo della morte”.

Tramite la fotografia ed il rituale di “bruciare”, si è cercato di collegare la tradizione mistica di tale epoca descritta per fare in modo di esplorare l’esistenza degli oggetti e dove le persone volglini che vadano i loro ricordi.

Nel momento in cui lo sguardo diviene una forma di potere, chi viene osservato non ha scelta poiché ciò che proviene dall’esterno trasforma in modo graduato in vincoli spontanei.La vita quotidiana, nel contesto postmoderno, è controllata e sorvegliata da numerosi dati, dunque, non vi è nessun confine tra lo spazio pubblico e quello privato.Nonostante le persone in tale epoca abbiano una rapida interazione con i nuovi media e possibilità illimitate, non vi è il diritto di privacy.Tramite l’osservazione dei social media qualsiasi individuo diviene un oggetto precario, come se vivesse in una “prigione panoramica”, nella quale non vi è libertà ma uno spazio limitato dove esporsi.

Utilizzando l’immaginario della ” geometria nera” si è voluto simboleggiare la profondità della prigione, dove sono visibili dei corpi danzanti che esplorano differenti geometrie nere verso i lati esterni, evocando la passività volontaria e la libertà di essere sfruttati. Si è scelto l’involucro di plastica, materiale maggiormente usato nella società moderna, posto sopra ad un insieme di arti decostruite, con lo scopo di far si che le persone considerino l’epoca attuale della società dei consumi dalla quale sono attirate.